Uno dei trend principali è il passaggio da un’economia in cui la domanda è costituita da consumatori di prodotti ad una nuova in cui i clienti sono alla costante ricerca di esperienze che vadano oltre il semplice acquisto. Accanto all’economia reale negli ultimi decenni si sta imponendo una virtual experience economy che, pur partendo dall’economia reale, la supera e la scompagina ogni momento di ogni giornata ed è costituita da quell’enorme massa di denaro che spostano i mercati finanziari anch’essi globalizzati grazie ad internet. Nel 2017 è nata la cosiddetta virtual experience economy.

Secondo Joseph Pine e James Gilmore, i due estensori dell’articolo, dopo la fase iniziale, orientata alla lavorazione delle materie prime, la successiva finalizzata alla produzione di beni e la terza, concentrata sulla produzione di servizi, si è giunti a una fase in cui l’informazione non è più l’unità di misura del valore; lo è invece, la qualità dell’esperienza. È facile osservare come si stia passando, negli ultimi mesi, da un internet fatto di informazioni ad un internet in cui le esperienze diventano centrali. La Virtual Experience Economy rappresenta un mondo infinito e apparentemente senza limiti, in cui le contingenze legate a costi, accessibilità e capacità personali a cui siamo abituati, semplicemente non esistono più.

Tuttavia, nonostante questo trend dipenda indissolubilmente dalla tecnologia, la Virtual Experience Economy richiede una conoscenza approfondita del comportamento umano. Se ad esempio, le date del virtual tour degli ABBA hanno prezzi simili ad un concerto fisico, è perché offrono ai partecipanti sensazioni uniche, eccitamento e creano ricordi indelebili – tutto ciò attraverso un medium diverso. Diversi e-commerce infatti, tra cui Amazon e IKEA, sfruttano la Virtual Experience Economy per migliorare l’esperienza dell’utente, rendendo più semplice la decisione di acquisto, spesso complessa per l’impossibilità di vedere i prodotti nel contesto di utilizzo.

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